Ponte sullo Stretto. Lettera al Presidente del Consiglio

ponte-sullo-stretto-300x225.jpgEgregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
sono una docente in pensione da alcuni anni.
Nel corso della mia lunga carriera ho cercato, come migliaia di altri colleghi, di formare i ragazzi che le famiglie e la società mi hanno affidato aiutandoli a crescere culturalmente, come persone e come futuri pilastri del nostro Paese: ricco di energie umane e culturali. Mi ritengo davvero fortunata se sono riuscita a raggiungere, almeno in parte, gli obiettivi che mi ero preposta, anche perché fin da subito mi sono impegnata a svolgere il mio lavoro con passione e nella convinzione che perseguire nobili finalità riscatti alla fine da ogni fatica. Mi permetto di rivolgermi a Lei con quella stessa sincerità che ha favorito il dialogo con i miei alunni, sia per indole personale che per una forma di rispetto verso gli altri.

Non sono politicamente schierata, anche se nel passato mi è capitato di guardare con simpatia ad uomini di destra che purtroppo alla fine hanno deluso.

In ogni caso ho sempre condiviso ed amato la dialettica politica sposando idee sane di destra come di sinistra, non di certo per mero opportunismo bensì per una forma di maturità civile. Ho letto abbastanza su di Lei e le riconosco tempra politica, determinazione, un lungo ed accurato “lavoro di lima" che Le hanno consentito il meritato ruolo nel Paese che Lei oggi rappresenta.

Comprendo le difficoltà che la sua funzione comporta, soprattutto in un Paese in buona parte devastato “da inconcludenti politiche passate" oltre che da varie problematiche che sarebbe pletorico enumerare e di cui ne ha piena contezza: Lei legge e studia. Oggi Lei si ritrova a dover affrontare importanti sfide che comportano scelte spesso ardue, in una situazione politico-economica oggettivamente difficile. Molti hanno gli occhi puntati su di Lei: perché l’ammirano o al contrario perché diffidano, per pregiudizio, opportunismo o per opportunità politica. Io dal mio minuscolo angolo visuale mi permetto di consigliarle di prenderne, all'occorrenza, le distanze e continuare a svolgere il suo lavoro con impegno e responsabilità, ponendosi come massimo obiettivo il reale interesse del Paese. Se dovesse davvero riuscire in questo, che è forse l'aspetto più complesso nell'arte del governare, ne creerà di sicuro i presupposti per una lunga vita politica e… chi può dirlo? Per entrare magari nella Storia…

E' da un po' che desideravo esprimerle il mio pensiero ma per vari motivi ho sempre temporeggiato. Oggi avverto l'obbligo morale di aprirmi con Lei per una ragione molto seria che spero prenderà nella dovuta considerazione. Purtroppo sul mio martoriato Sud incombe la minaccia dell'ultimo colpo di grazia che comporterà la rovina di due realtà geografiche ed antropologiche davvero uniche: la Sicilia e la Calabria. Si vuole deturpare il nostro meraviglioso Stretto con un'opera faraonica, devastante, tecnicamente improbabile, costosissima che non risponde in alcun modo ai reali bisogni del Sud e del sistema Sicilia. In un'epoca del volo aereo a costi di autobus e delle autostrade del mare vogliono rifilarci un'opera ottocentesca, un ponte sul nulla! Due bellissime città come Messina e Villa S. Giovanni saranno condannate alla triste sorte di decennali cantieri aperti (ne sorgeranno almeno trenta nella sola Messina) ; la favoletta che i lavori dureranno solo pochissimi anni non è per nulla convincente e bisognerebbe avere un minimo di rispetto per l'intelligenza altrui

Purtroppo non si apprende mai abbastanza dalla Storia!

Mi sovvengono gli anni settanta e i circa duemila miliardi di lire necessari per mettere la Calabria all’avanguardia nel settore chimico e siderurgico, oltre ai quasi quindicimila posti di lavoro auspicati. Il cosiddetto Pacchetto Colombo, disposto dall’allora ministro dell’industria, si rivelò un totale fallimento ed uno spreco immane di risorse e di denaro pubblico. Il quinto centro siderurgico non nascerà mai e da questa tragedia, che comportò l’esproprio di oltre 300 ettari di terreno nella Piana, negli anni ’90 nasce il porto di Gioia Tauro, con i tristi trascorsi ben conosciuti, che a tutto serve tranne che allo sviluppo della Calabria.

A Messina e Reggio i comitati del NO si stanno organizzando, divenendo sempre più numerosi ed agguerriti così come è successo nel passato quando si è parlato con più insistenza del Ponte sullo Stretto. Ricordo come fosse ieri i primissimi cortei in cui partecipavano poche centinaia di attivisti e a cui seguivano, puntualmente, capillari informazioni ai cittadini sull’impatto di quest’opera colossale. I cortei divenivano via via sempre più massicci finché migliaia e migliaia di persone, discostandosi dal delirio pontista, prendevano coscienza dell’inutilità di una “cattedrale nel deserto” così veniva denominata l’opera.

Alla protesta aderirono cittadini di ogni estrazione sociale e schieramento politico, accomunati dal forte senso di appartenenza alla propria terra, consapevoli che vi erano ben altre priorità per il suo rilancio. Servivano e servono quartieri dignitosi, servizi sociali, acqua, sanità, viabilità, scuole… scuole per l’appunto ovvero luoghi di formazione per le nuove generazioni. La ricaduta di tale dissenso non tardò a palesarsi, alle politiche del 2006 il Polo delle Libertà perse per una manciata di voti e, senza ombra di dubbio, una delle componenti è da ascriversi alla netta contrarietà dei cittadini alla costruzione del Ponte.

Nel lontano 1930 un grande sociologo José Ortega Y Gasset nel suo saggio su “La ribellione delle masse” non a caso disse “una massa omogenea pesa sopra il potere pubblico e schiaccia, annulla ogni gruppo di opposizione. La massa non desidera la convivenza con ciò che non si identifica con essa.”

Vede, signor Presidente, io sostengo tale tesi non per partito preso, per ideologia o cose di tal genere, non rientra nel mio stile, ma perché in questi ultimi venti anni, in cui si è parlato con più interesse di Ponte sullo Stretto, ho letto ed ascoltato parecchio sul tema e sono giunta a tale convincimento con la stessa consapevolezza ed obiettività che hanno caratterizzato l’esercizio della mia professione.

La problematica sul Ponte è ampia e complessa e non può di certo essere trattata “a cuor leggero” o in quattro righe, né mi illudo che Lei, se per caso dovesse leggermi, vi presterà maggiore attenzione: ha troppe cose urgenti da sbrigare! Purtroppo spesso si trascurano le cose importanti perché sollecitati da quelle urgenti. Tuttavia mi alletta la speranza che Lei possa dedicare un po’ del suo prezioso tempo per concentrarsi maggiormente sul tema, con la serietà e l’impegno che la contraddistinguono; magari discostandosi da quei “falsi profeti” di cui parlano le Sacre Scritture e da cui forse, in parte, Lei è circondata…e dopo, soltanto dopo, se ritenesse di volersi esprimere lo facesse nell’esclusivo interesse del futuro dei nostri figli. Spero che Lei possa davvero trovarlo questo tempo nella piena consapevolezza che ciò che contraddistingue il “politico di razza” risieda, oltre che nelle intrinseche virtù, nella capacità di parlare con coraggio e verità.

Concludo servendomi della citazione di un illustre uomo politico del ‘900, entrato a pieno titolo nei libri di storia, “il politico diventa uomo di Stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni”.

Forse l’avrò annoiata o magari non avrà mai modo di leggere la lettera, tuttavia ho ritenuto di dovergliela ugualmente inviare… per quello che può contare.

I miei più rispettosi saluti.
Cettina Lupoi