Il bacio: un romanzo in un viaggio
di Dominga Carrubba - "Il bacio" è il romanzo di Simonetta Caminiti, scrittrice, editrice e giornalista, ri-editato da Le Trame di Circe per la Collana Les Pochette, disponibile su cartaceo e digitale…

Dal romanzo “Il bacio” è tratto il graphic novel Sweet Eleanor, 1999, coi disegni di Letizia Cadonici, i colori di Valeria Panzironi e il corrispettivo microfilm animato con le voci di Barbara e Federica De Bortoli.
«Questo romanzo è stato scritto durante i miei anni universitari, nella Roma in cui ho vissuto per dodici anni. Ha avuto tre edizioni precedenti, e la scelta di mutare la sua pelle una volta di più nasce dal desiderio di consegnare le memorie di Diana a un luogo in cui si sentano quanto mai “a casa” […]»
Possono consegnarsi le memorie di una protagonista in una storia romanzata ad un luogo in cui si sentano a “casa”?
Quale realtà può considerarsi più familiare che non si tratti delle pagine di un libro, vale a dire il luogo naturale della nascita di personaggi con le loro storie?
Non si tratta di una casa fisicamente individuabile, ma di un ipotetico nonluogo ideato dal sociologo Marc Augé, come uno spazio avulso dalla relazionalità fra i soggetti che lo frequentano, perché caratterizzato dalla transitorietà, dal passaggio, dal viaggio di mezzi e persone, intese nel senso etimologico di “maschere, personaggi”.
Piace immaginare che questo nonluogo possa chiamarsi adolescenza, quello spazio immateriale affollato da nuovi desideri e ambizioni sature di individualismo che si prepara a “mangiarsi il mondo”.
Non a caso il romanzo di Simonetta Caminiti è temporalmente ambientato fra la primavera e il Capodanno del 1999, alla vigilia del Millennium Bug, quando l’egocentrismo isolatore s’insinua in tanti fra tanti.
Diana è la protagonista evocativa del viaggio generazionale che ciascuno compie e poi torna a sé stesso, ritrovandosi e accettandosi con i propri limiti, segreti e qualità da riconoscere e scoprire
Si presentano Diana, Khady, Eleanor Rigby, quest’ultima da considerarsi non solo la citazione della seconda traccia dell'album “Revolver” della band “The Beatles”, simbolo di rivoluzione musicale e socio-culturale nella seconda metà del Novecento, ma anche la canzone ispirata alla solitudine cui si stava affacciando la generazione del Millennio 2.0.
Il bacio ci porta in un viaggio introspettivo frequentato da tutte persone sole nella ricerca di un equilibrio nuovo lungo il salto generazionale.
«Ma c’è da dire Khady non è proprio mia sorella. Non sarebbe agile né fruttuoso spiegare tutta la trafila dell’amore che i miei nutrirono per lei a prima vista (che poi è la trafila della sua adozione, molto fortunata); ma fu adottata all’età di cinque anni, quando io ne avevo tre e mezzo, e da allora in poi crescemmo e vivemmo proprio come sorelle […]».
È Diana la protagonista. Ma fino a che punto Diana è Diana, uguale a sé stessa e non l’emulazione della sorella?
Questa domanda s’insinua per tutto il libro fino a quando Diana trasforma le proprie taciute consapevolezze in espedienti di vita.
«Io non ero un’adolescente molto aperta alla socialità. Ero il genere di ragazza che si omologa stancamente a chi la circonda, raccapricciandosi di possedere un animo da leader, e forse una forma di carisma che non vuole o non sa riconoscersi: ma non avevo la più pallida idea di tutto ciò. La mia passione era stare con la gente più vecchia di me. Lilia era la mia vera migliore amica.»
Ma gli adolescenti di oggi scelgono ancora persone più grandi - per definirle in modo politicamente corretto - possibilmente non virtuali?
Prima del salto digitale, di sicuro era possibile.
Lilia è talmente importante da essere una pietra miliare nel percorso di vita della protagonista, impersonando l’input del destino per scoprire Anaïs Nin e il suo emblematico libro erotico “Il delta di Venere”.
Mino, i Giri di Sol di contraltare ai Cugini di Campagna, Filippo e Angelo, detti le Mammoline: sono tutte figure riempitive o cruciali nella crescita di Diana?
Un’adolescente dagli occhi azzurri e sopracciglia troppo scure e folte; e quand’anche la carnagione sembrasse abbastanza rosea da intonarla a ciocche biondissime, i miei lineamenti non sono adatti, almeno secondo il mio gusto odierno […] il profilo greco che sporge tra le curve troppo decise delle mascelle, del mento importante, del naso dritto e in piena evidenza, con le sue grosse narici che in tante fotografie paiono equine. Ho sempre sorriso spesso […]».
Il bacio è conquista, è crescita interiore in un corpo da conoscere, è riscatto di consapevolezza di una sorellanza non antagonista ma complice, nel segno della verità che emerge «a ritroso – quando Diana confessa a sé stessa - mi pare oggi di vedere che Khady fingesse il ruolo del cucciolo spaesato per non sottrarmi campo tutto d’un colpo».
Il bacio è libertà nel portare fuori dalle paure che immobilizzano, dai segreti familiari dissimulati, dalle aspettative iperprotettive materne.
Il bacio è quel tempo sospeso dove Diana riconosce «il primo momento della vita in cui ho saputo che la fragilità è la mia onnipotenza.»