Graziella Campagna o la congiura del male (1985)

Graziella Campagna o la congiura del male (1985)

di Vincenzo Ceruso -

Graziella scomparve la sera del 12 dicembre 1985. Alcuni pensarono
subito a una fuitina, la cosiddetta fuga d’amore con un meccanico del paese,
e sussurrarono quest’ipotesi alle orecchie del fratello poliziotto, ma questi
non ci credette nemmeno un istante. D’altronde – dicevano gli abitanti del
luogo – come potrebbe scomparire una ragazzina, di appena diciassette
anni, in un piccolo paese, senza lasciare tracce? Un sequestro? Tutti se ne
sarebbero accorti. E poi non succedeva mai nulla in quel paesino.
Villafranca Tirrena, apparteneva alla provincia babba di Sicilia. Così
chiamavano la provincia di Messina. La provincia stupida, perché non
aveva la mafia. In realtà, Messina e la sua zona non erano poi tanto stupide.
Lo sapevano bene i latitanti di Cosa nostra, che riparavano volentieri in
quelle contrade anonime. Lo sapeva bene Gerlando Alberti junior, rampollo
di una delle più importanti famiglie mafiose palermitane. Suo zio era
capo del mandamento di Porta Nuova. Narcotrafficante, con base a Milano,
la sua biografia occupava un posto notevole negli atti della Commissione
parlamentare antimafia degli anni Sessanta.
E il nipote aspirava a raccoglierne l’eredità. I soldi andavano investiti e il
territorio messinese offriva ampie opportunità: Rodia, Villafranca, Rometta, Orto Liuzzo e tutti gli altri comuni di riviera – fino a Falcone –, erano
ormai terra di conquista. Abitati fino a pochi anni prima da contadini e pescatori, da qualche tempo
erano esplosi. Prima con l’apertura della Pirelli, poi con le altre aziende dell’indotto e
successivamente con altre fabbriche, cantieri e l’edilizia. Un movimento di soldi e affari agevolato
dell’autostrada Palermo – Messina che finalmente iniziava a prendere forma accorciando distanze e
tempi. Gerlando Alberti si presentava come un imprenditore di successo. Si
faceva chiamare “Ingegnere Cannata” e si muoveva in compagnia di un
geometra, in realtà il suo guardaspalle. Si ambientarono bene, tra quei
tranquilli paesini del messinese. Erano persone educate. Diventarono ottimi
clienti della lavanderia dove lavorava Graziella. Nulla poteva turbare la loro
tranquillità, ma un giorno, frugando nelle tasche degli abiti come
d’abitudine, Graziella ritrovò un’agendina, che consegnò alla titolare della
lavanderia.
Lo raccontò alla madre. Non sapeva cosa vi fosse scritto, ma sarebbe
bastato questo a far uccidere una ragazza poco più che adolescente.
Graziella scomparve senza lasciare tracce. La videro l’ultima volta alla
fermata del pullman, che attendeva come ogni sera per rientrare a casa, a
Saponara, dopo aver terminato il lavoro in lavanderia.
Il corpo venne ritrovato il 14 dicembre, sui vicini Colli Sarrizzo.
Il 29 marzo del 1990 i giudici liberarono i due mafiosi. Il PM aveva chiesto
al giudice istruttore del Tribunale di Messina di «non doversi procedere»
per questioni procedurali. Ma a metà degli anni Novanta i pentiti riaprirono uno squarcio nella fitta
rete di omertà che avvolgeva le attività criminali a Messina e dintorni.
Parlarono di coperture eccellenti, nelle fila della stessa magistratura, che
avrebbero reso possibile la latitanza e la successiva assoluzione del
capomafia Alberti. Tra i quali, forse, alcuni di coloro che erano indicati
nell’agenda ritrovata da Graziella, dove «c’erano nomi compromettenti, di
magistrati, imprenditori».
Il 18 marzo 2009 la Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo inflitto
in appello a Gerlando Alberti Junior e Gianni Sutera per l’assassinio di
Graziella Campagna.