Ponte sullo Stretto: non è più tempo di stare a guardare

Lo Stretto di Messina - foto Teresa Comandè

di Cettina Lupoi

“Se non conosci la tua terra non puoi amarla. Se non la ami con tutto il sentimento non puoi viverne la bellezza e non puoi averne cura e se non condividi con altri la cura non saprai cosa fare quando è necessario difenderla”. Profonda riflessione di chi, avendo un legame viscerale con la propria terra, ne avverte le latenti minacce e che oggi giunge come monito alle coscienze di chi intravede nella costruzione del Ponte sullo Stretto la totale devastazione dei propri territori.

Questo tema, preponderante sui tavoli istituzionali, presso i comitati, le varie associazioni ambientaliste e lobbies che hanno interessi diretti, lascia purtroppo indifferenti la maggioranza dei cittadini.

È triste stare a guardare nascondendosi dietro l’alibi della disillusione, consegnando deleghe in bianco sul futuro della propria terra…

Il tutto assume contorni ancora più tristi se si considera che la Sicilia come pure la Calabria dispongono di “teste pensanti” che, a quanto pare, preferiscono infoltire la “schiera degli ignavi” o salire sul carro del vincitore, scoprendosi alla fine non uomini liberi ma dei colonizzati.

Ora al di là dell’utilità o meno di un collegamento stabile tra le due sponde, proverei a ragionare sul tema Ponte da comune cittadina esaminando alcuni dati oggettivi e supportata dal semplice buonsenso.

Partirei intanto da una seria valutazione sulla credibilità dell’interlocutore: basilare in qualsiasi forma di transazione.

Leggiamo in questi giorni che l’attuale Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al temine dell’incontro al MIT con i sindacati, dichiara con toni ottimistici che quella del Ponte è un’opera fondamentale che Sicilia Calabria e tutta Italia aspettano da 50 anni e che se tutto dovesse andare come previsto il Ponte sarà transitato nel 2032. Lo stesso Ministro, nel corso di un’intervista di pochi anni fa, dichiarava che parecchi ingegneri sostenevano che il Ponte non stava in piedi e che tanti siciliani gli avevano detto che il 90% delle ferrovie presenti nel territorio era a binario unico, che metà dei treni viaggiava a gasolio e che lui non avrebbe voluto spendere qualche miliardo di euro per un Ponte in mezzo al mare, quando poi in Sicilia e Calabria i treni andavano a binario unico.

Se è lecito cambiare opinione tuttavia “Est modus in rebus” sosteneva Quinto Orazio Flacco. Due sono le cose: o il Ministro era disinformato prima o lo è ora e ciò è da ritenersi cosa assai grave poiché, da cittadini, è lecito aspettarsi ben altri comportamenti e visioni su materia così complessa da parte di un’alta Istituzione. Altro nodo cruciale sono i tempi di realizzazione dell’opera che ci vengono prospettati relativamente brevi.

Anche questa è una questione da trattare con la massima serietà, anche perché i territori a diretto impatto con l’opera sono fortemente antropizzati e condannare le nostre comunità ad essere schiacciate, per decenni, tra cantieri a cielo aperto ne potrebbe produrre forti tensioni sociali dai risvolti imprevedibili.

Leggiamo che il Ponte dello Stretto di Akashi in Giappone, il secondo Ponte sospeso a tre campate più lungo al mondo iniziato nel 1988, ha richiesto 20 anni di progettazione. I lavori, interrotti per un brevissimo periodo a causa del terremoto di Kobe che ha spostato di 120 cm la Torre Sud, hanno richiesto ben 10 anni per il loro completamento. Dieci anni non sono pochi se si considera che il Ponte è privo di trasporto ferroviario e che l’operosità del popolo giapponese, la cui dedizione al lavoro è assoluta, è lontana anni luce dalla nostra. Ora, considerando che il nostro Ponte avrebbe torri di 399 metri e sarebbe il più lungo ponte sospeso a campata unica al mondo, su cui correranno 2 binari ferroviari e 6 corsie stradali in grado di far circolare 200 treni al giorno e 6000 veicoli l’ora, parlare di circa 7-8 anni, come ci viene raccontato, per la sua realizzazione ne diviene pura propaganda se non addirittura follia, anche perché l’opera dovrà necessariamente confrontarsi con il contesto socio-ambientale di riferimento e con l’instabilità politica dei nostri Governi.

Volendo poi passare alle problematiche trasportistiche di Sicilia e Calabria che, secondo i fautori dell’opera, dovrebbero essere risolte grazie al collegamento stabile tra le due sponde che porrebbe fine all’isolamento della Sicilia collegandola anche al resto dell’Europa, mi permetterei qualche doveroso rilievo.

Questi paladini di infrastrutture faraoniche che forse potevano andare bene 70-80 anni fa, quando ancora non si parlava di autostrade del mare o di voli aerei a costi di autobus né di treni Maglev, hanno mai preso in considerazione l’idea di rivedere tutta la materia e prospettare sulla mobilità grandi opere sì, ma che rispondessero ai reali bisogni della comunità e che sprovincializzando una volta per tutte Calabria e Sicilia le collegassero realmente al resto d’Europa?

Oggi la linea di Shangai è il servizio regolare più veloce al mondo. Il treno a levitazione magnetica è in grado di percorrere a 432km/h e in circa 7 minuti i 30 km che separano la città dall’aeroporto internazionale di Pudong. Inoltre, per questo tipo di treni, è stato avviato un progetto che permettendo la sovrapposizione dei sistemi per la levitazione magnetica sull’infrastruttura ferroviaria già esistente non rivoluzionerebbe la stessa. In Puglia è già partita la sperimentazione di questo tipo di treni ed in Veneto un treno ultraveloce a levitazione sembra che sia già pronto a partire dal 2026;

si calcola che percorrerà gli oltre 46 km della tratta Padova-Venezia in appena 6 minuti.

Ci chiediamo le ragioni per cui in alcuni territori del nostro Paese si sperimentino nuove forme avanzate di mobilità ferroviaria, mentre in altri ci si ostini con infrastrutture superate, costosissime, devastanti, tecnicamente improbabili e che non rispondono ai loro sistemi di sviluppo.

Non sono per nulla convincenti certi politici ed esperti di turno quando, con toni enfatici, dichiarano che il Ponte sarà “il volano di sviluppo che il Meridione aspetta da sempre” o che esso rappresenta “un’occasione unica per il rilancio del territorio”.

Con tutto il rispetto per le declamazioni di questi signori ci andrei un tantino cauta nell’abbracciare “certe verità” su argomenti così complessi; il motto latino “Errare humanum est” me ne suggerisce la massima prudenza, inoltre per indole personale ho sempre diffidato di chi ostenta troppe certezze…

Anni  fa alcune associazioni  consideravano la costruzione del Ponte l’ultima opportunità per il Meridione ma, poiché il progetto dell’infrastruttura provocava danni socio-economici per l’intera area del Mezzogiorno con conseguente perdita di  luminosità mondiale, proponevano la modifica del progetto in opera monumentale di attrazione  turistica del Terzo millennio, senza ferrovia e con traffico pedonale e ciclabile, stimando milioni di  visitatori annui superiori persino a quelli della Tour Eiffel che si aggiravano ai 2 milioni circa. C’è seriamente da chiedersi se le stime milionarie, fatte da tali esperti, sui presunti visitatori del Ponte fossero state per caso calcolate sulla base di una sottostima del QI dell’interlocutore… Ovviamente c’è qualcosa che non torna! Non mi risulta che il turista si rechi a Parigi perché affascinato da migliaia di pezzi di ferro e da qualche milione di bulloni ma sicuramente perché attratto da Montmartre, dal Museo del Louvre, d’Orsay o dalla cattedrale di Notre-Dame, dalla Senna con i boulevards alle sue sponde e da tanti altri tesori che Parigi e dintorni possono offrire. Certamente egli visiterà anche la Tour Eiffel ma di sicuro non è stata soprattutto questa a movimentare due milioni di visitatori!

Partendo da questi pochi dati il comune cittadino comincia a riflettere, ad interrogarsi ed a preoccuparsi seriamente per il futuro del proprio territorio, anche perché se un’opera di tale portata per vari motivi dovesse rimanere una “grande incompiuta”, e non sarebbe cosa insolita dalle nostre parti, quale giustificazione potrebbe mai addurre ai propri figli nel consegnare solo un cumulo di macerie? Non è più tempo di stare a guardare, di lasciare solo chi difende le nostre ragioni; uniamoci alle civiche manifestazioni, partecipiamo alle assemblee di piazza, approfondiamo i nostri saperi scrollandoci il torpore che offusca la mente.

E soprattutto non permettiamo a nessuno di sradicarci, di decidere dei nostri destini, di pontificare sul futuro della nostra terra, di espropriarci di ciò che di bello e buono ancora ci rimane…