ll 49.3 francese, una “questione di fiducia”?

ll 49.3 francese, una “questione di fiducia”?

di Francesco Vitale -

Sono notizie recenti le dimissioni di Elisabeth Borne come Primo Ministro francese e la nomina da parte del Presidente della Repubblica di Gabriel Attal come suo successore.

Attal è stato ministro dell’Educazione Nazionale e della Gioventù [Education Nationale et de la Jeunesse] sotto l’esecutivo precedente ed egli è ad oggi non solo il più giovane primo ministro della storia repubblicana ma anche il primo dichiaratamente omosessuale.

In merito alla precedente Première Ministre, Madame Borne lascia l’hôtel de Matignon non senza polemiche a causa del largo utilizzo di uno strumento previsto nella Costituzione della cosiddetta Quinta Repubblica francese, chiamato il 49.3 (il quarante neuf-trois), su diversi disegni di legge di cui alcuni delicatissimi e impopolari come quello relativo all’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, determinando così una reazione da parte dei sindacati e dei lavoratori con scioperi ampiamente partecipati, manifestazioni e persino sommosse da parte di alcuni facinorosi contestatari.

In ambito tecnico, sovente si tende a comparare il 49.3 con la nostrana “questione di fiducia”, cosa in realtà abbastanza erronea non soltanto nella forma ma anche nella prassi. In tal senso, si crede necessario spiegare in cosa consistano questi due procedimenti, soffermandoci sulle differenze.

Partendo dalla “questione di fiducia”, va detto innanzitutto che questo istituto non è espressamente previsto nella nostra Costituzione ma disciplinato da regolamenti interni. Si riconosce al Governo il diritto di avvalersi di tale istituto vincolando il Presidente del Consiglio alle dimissioni in caso di voto contrario da una delle Camere del Parlamento. Questo si ricollega al rapporto fiduciario che esiste obbligatoriamente tra Esecutivo e Parlamento come previsto dall’articolo 94 della nostra Costituzione, ed ha lo scopo o di compattare la maggioranza parlamentare che lo sostiene o di evitare l’ostruzionismo dell’opposizione ad un determinato disegno di legge, facendo così decadere tutti gli emendamenti e obbligando il Presidente del Consiglio a dimettersi nel caso in cui la questione di fiducia fosse respinta. In qualche modo, per analogia con una partita di poker, l’Esecutivo fa una specie di “all in” in cui gioca tutte le fiche sul piatto dei giuochi parlamentari.

Il 49.3 d’Oltralpe, cioè l’articolo 49 comma 3 della Costituzione francese, permette invece di by-passare il voto del Parlamento per l’adozione di un disegno di legge; in effetti, quando il Governo considera il voto di un disegno di legge indispensabile, ma che questo in Assemblea risulti essere bloccato o compromesso, il Primo ministro -previa delibera del Consiglio dei ministri- decide di impegnare la responsabilità del Governo davanti all’Assemblea nazionale sul voto di un determinato disegno di legge. Et voilà dunque: il disegno di legge risulta approvato senza il voto del Parlamento. È pur vero però che vi è una possibilità per evitare l’adozione del disegno di legge attraverso la cosiddetta motion de censure, la quale va depositata entro 24 ore, firmata da almeno un decimo dei deputati e successivamente approvata dalla maggioranza assoluta di questi per non far passare il testo. Tuttavia, non va dimenticato che: 1) la Francia è una Repubblica Presidenziale; 2) generalmente il Parlamento è composto dalla maggioranza dal partito del Presidente; 3) le elezioni per il Presidente ed il Parlamento avvengono a quindici giorni di distanza dal secondo turno -grazie alla riforma costituzionale proposta dall’ancien Presidente Chirac e votata via referendum- al fine di evitare quella fastidiosa forma di cohabitation, cioè di una maggioranza dell’Esecutivo diversa da quella presidenziale, che depotenzierebbe i poteri del Presidente trasformandolo in un mero arbitro degli equilibri Istituzionali.

Ora, per 23 volte la ex Premier ha utilizzato il 49.3 in un anno e mezzo d’incarico, “peggio” di lei è stato solamente il Primo Ministro Rocard, il quale ha usufruito di questo strumento 28 volte, in tre anni di vita del suo esecutivo.

È possibile parlare di un abuso del 49.3 da parte di Elisabeth Borne? Tecnicamente no; il dilemma però è prettamente etico, in quanto ci si può chiedere se questo tipo di strumento sia moralmente accettabile su questioni di largo dibattito sociale, come la riforma delle pensioni.

Certo è, tuttavia, che la ex Premier resterà nella storia della Quinta Repubblica come colei cha ha voluto alzare l’età pensionabile a 63 anni in maniera progressiva, provocando l’ira di una larga fetta della popolazione, senza invogliare né creare una discussione civile e parlamentare.