Kety Olivieri in ritratti al femminile
di Dominga Carrubba - Arte, storie e sguardi nei segni di un volto...
Agli occhi degli altri appare e scompare il volto più vero, che l’anima soltanto può sempre vedere.
Se è vero che nell’origine etimologica delle parole si rintraccia il significato dei nomi, allora individuare ciascuno tramite il volto riassume all’unisono svariati linguaggi in una sola opera chiamata ritratto.
Non c’è artista che possa delineare il volto di un’altra persona senza trarre fuori il proprio volto, talora indossato come un abito, talora dissimulato da una maschera teatrale, evocativa del termine greco classico πρóσωπον – prósôpon, che precede la parola “persona”.
I ritratti al femminile di Kety Olivieri
I ritratti di donna esposti da Kety Olivieri nelle sale espositive della galleria messinese Spazio Macos, dal 5 al 13 ottobre 2024, compongono un percorso figurativo-narrativo, segnato da tre tappe: la ricerca, l’interpretazione e la memoria come trait d'union fra la dimensione individuale dell’Artista e quella collettiva.
Il dialogo fra le due dimensioni, ab initio limitata alla figura ritratta, poi coincide con l’immaginario collettivo da condurre con l’arte nella storia passata e presente, infine coinvolgendolo con gli sguardi di popolari icone rappresentative della versatilità al femminile in scienza, sport, moda, politica, cinema, pittura, musica, aeronautica.
La composizione pittorica delle opere di Kety Olivieri è caratterizzata da un omogeneo impianto geometrico in forme triangolari segmentate su parti diverse dei ritratti, quasi volendo evocarne quella più nota.
Il reticolo geometrico sui capelli o sulle sopracciglia, sui vestiti o sugli accessori, è movimentato da tratti pennellati risultati da un’accurata ricerca stilistica, aggiungendo alla figurazione una suggestiva portata narrativa del volto, da intendersi come la più vera finzione della realtà rivelata da espressioni, atteggiamenti e rughe.
Alla ricerca stilistica si associa l’interpretazione cromatica finalizzata a rappresentare la biografia dell’icona ritratta: colori caldi per Frida Kahlo, eccentrici per Lady Gaga, giallo-turchese per Margherita Hack, azzurro per Samantha Cristoforetti in tuta di volo, il verde per Nilde Iotti austera e pioniera.
Il modello non è che lo spunto per l’Artista
«Ogni ritratto dipinto con commozione d’animo è un ritratto dell’artista e non del modello. Il modello non ne è che lo spunto, l’occasione; non è lui che il pittore rivela sopra la tela colorata; ma piuttosto sé stesso.»
Disse Lord Henry Wotton a Basil Hallward, il pittore del ritratto di Dorian Gray, protagonista del romanzo di Oscar Wilde.
Se il modello non è che lo spunto per l’Artista, allora i ritratti esposti da Olivieri sono l’incipit di storie che segnano i percorsi di memoria “dell’altra metà del cielo”, abitato da donne senza libertà e autodeterminazione.
L’arte contemporanea è di certo lontana dal conferire una funzione celebrativa al ritratto rispetto al ruolo ricoperto in società, ma rimane il linguaggio trasversale che meglio alimenta il dialogo tra gli artisti e il tessuto sociale, consacrato nella Giornata del Contemporaneo, istituita nel 2005 e celebrata il 12 ottobre.
L’edizione 2024 della Giornata del Contemporaneo ha come immagine guida l’opera “Donna in gabbia” di Tomaso Binga, scelta dalle Direttrici e dai Direttori dei Musei AMACI per evidenziare la condizione di sottomissione alla quale la donna è costretta. L’immagine è tratta da una performance realizzata nel 1974 per denunciare come spesso le forme di controllo siano dissimulate in strumenti di protezione.
Ecco che la galleria delle icone ritratte da Kety Olivieri assume un significato trasversale nella memoria etica, amplificando i valori di libertà e di emancipazione della donna. Piace pensare al poemetto poetico di Parwana Fayyaz, ispirato alla storia dell’eroina Gulaim, l’adolescente guerriera che difese antichi clan dagli invasori orientali con l’aiuto delle sue “qyrq qyz”, 40 ragazze.
I versi della poetessa afghana restituiscono l’identità alle quaranta ragazze, non dimenticando che in Afghanistan le donne continuano ad essere conosciute in relazione agli uomini delle loro famiglie e non con il loro nome che si vieta chiamare e persino apporre sulle loro lapidi – come racconta Parwana Fayyaz.
Dietro ogni ritratto delineato con parole o raffigurato con acrilici riposa una storia di vita che domanda rispetto, ammirazione e gratitudine, come bene ha realizzato Kety Olivieri con tele dedicate ad icone popolari e ai suoi affetti familiari, tra i quali non può mancare quello della mamma.
E a proposito delle mamme, icone senza tempo, Parwana Fayyaz racconta che sua madre durante la guerra costruiva per lei e le sue sorelle delle bambole con legnetti recuperati e rivestiti con scampoli di stoffa.
In questo modo anche la quotidianità rubata riprendeva a vivere.
«La mia, che aveva una gonna color verde regale, era la maggiore e la più alta,
e la chiamai Duur, Perla.
Shabnam scelse una gonna giallo splendente
e chiamò la sua bambola Pari, Angelo.
E la nostra sorellina, Gohar, prese una stoffa di un blu profondo
e chiamò la sua bambola Raang. Colore.
Vissero più a lungo della nostra infanzia.»
(Parwana Fayyaz)
Arte, storie e sguardi: sono queste le tre realtà rivelate da ogni ritratto nella personale di Kety Olivieri.