Una Collettiva d’arte ricorda la strage di Chiusa Gesso

di Dominga Carrubba - ANPI Messina Città Sezione “Aldo Natoli” e ANPI Comitato Provinciale di Messina “Mimmo Trapani” promuovono una Collettiva d’arte in beneficenza con 58 Artisti alla Galleria messinese Spazioquattro...

Una Collettiva d’arte ricorda la strage di Chiusa Gesso

Inaugurata la Collettiva “58 Artisti uniti per la memoria – La strage di Chiusa Gesso” alla Galleria Spazioquattro, promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Messina.

Le opere donate dai 58 Artisti rimarranno esposte fino al 24 giugno 2023 nei locali della galleria Spazioquattro (Via Ghibellina ,120), aperta dalle ore 18:00 alle ore 20:00.

Quando l'Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) - Messina mi ha riferito dell’iniziativa “58 Artisti uniti per la memoria – La strage di Chiusa Gesso”, la mia memoria è tornata indietro, di qualche anno, precisamente al 27 gennaio 2016, quando con i soci di alcune Sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Messina ho conosciuto Paolo Alferi.

Era nato a Motta D’Affermo il 22 giugno 1924, all’età di 18 anni si arruolò nell’Arma dei Carabinieri e il 06 luglio 1943 venne deportato in un campo di lavoro a Innsbruck.

Grazie all’avanzata anglo-americana Paolo Alferi fu liberato dalla prigionia, prolungatasi per cinque anni, fino al 29 aprile 1945.

Il 27 gennaio 2016 veniva consegnata a Paolo Alferi la Medaglia d’Onore dei deportati, conferitagli dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Con flebile voce raccontava la sua prigionia, rivolgendosi ai suoi nipoti, ai giovani Carabinieri e a tutti i presenti, custodi del passato e depositari del futuro.

Ricordo, densa di semplicità e al tempo stesso di riflessiva incisività, una sua frase:

«Quell’Ufficiale tedesco parlava l’italiano meglio di noi».

Se quell’Ufficiale tedesco parlava l’italiano, allora capiva anche le parole di “tutti coloro che, lottando contro i nazifascisti, hanno contribuito a ridare al nostro paese la libertà e a favorire un regime di democrazia, al fine di impedire il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e di assolutismo.

Così recita l’art.2 dello Statuto dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, impegnata anche nel “glorificare i Caduti e perpetuarne la memoria”, nonchè “promuovere eventuali iniziative […] che si propongano fini di progresso democratico della società”.

Infatti, il progresso democratico non svilisce la comunanza di linguaggio e l’apertura di confini, ma ne fa una ricchezza interculturale nel segno della libertà propositiva e non impositiva, unitaria e non divisiva.

Il Carabiniere Paolo Alferi si salvò, ma quanti altri Caduti persero la propria vita a difesa della libertà del nostro Paese e di noi stessi che viviamo un presente per loro il futuro negato?

ANPI Messina Città Sezione “Aldo Natoli” e ANPI Comitato Provinciale di Messina “Mimmo Trapani”, per “far valere e difendere il diritto acquisito dei partigiani di partecipare allo sviluppo morale e materiale del Paese”, promuovono una Collettiva d’arte con 58 Artisti nei locali dell'Associazione culturale "Spazioquattro" per commemorare la strage di Chiusa Gesso, oggi contrada Chiusa di Orto Liuzzo.

L’iniziativa ha l’obiettivo di sostenere una raccolta fondi per la realizzazione di una lapide in pietra lavica commemorativa di 5 Carabinieri e un civile, uccisi barbaramente dai tedeschi in ritirata a Orto Liuzzo nell'agosto del 1943.

La lapide, che riprodurrà tramite la tecnica “a spolvero” l’opera di Pippo Martino, sarà collocata e inaugurata il prossimo 14 agosto.

Storia di una strage dimenticata

 Gesso già Contrada Chiusa (Orto Liuzzo) – Messina, luogo dell’eccidio nazista.

Allora proprietà di Anastasi Anastasio e della nipote Flora, poi di Giuseppe Mundo.

La strage di Chiusa Gesso fu un eccidio compiuto dai tedeschi a Messina il 14 agosto 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Le vittime furono cinque Carabinieri e un civile.

Un altro Carabiniere, Santo Graziano, si salvò, poiché i tedeschi lo credettero morto.

Alcuni soldati tedeschi presenti a Messina stavano rubando nella villa di Matteo D’Agostino, difesa dal nipote di questo, Stefano Giacobbe.

Arrivarono 5 Carabinieri e un Appuntato del distaccamento di Tarantonio della sezione dell’Arma di Castanea delle Furie per cercare di fermare i tedeschi, che uccisero Giacobbe e portarono i Carabinieri 40 metri più lontano, dove li fucilarono.

Il Carabiniere Santo Graziano, fortunatamente, viene colpito di striscio.

Finse di essere morto e si accasciò a terra. Miracolosamente viene sfiorato anche dal colpo di grazia, salvandosi. Tutti gli altri morirono.”

La relazione della strage fu scritta dal Comandante della Stazione dei Carabinieri, Francesco Tranchina, il 15 gennaio 1944.

L'opera di Pippo Martino

Vittime
Antonino Caccetta, 33 anni, Carabiniere
Antonino Da Campo, 29 anni, Carabiniere
Stefano Giacobbe, invalido
Nicola Pino, 33 anni, Carabiniere
Tindaro Ricco, 43 anni, Carabiniere
Antonio Rizzo, 42 anni, Carabiniere

La strage a Contrada Chiusa Gesso - Messina, verificatasi durante la ritirata dalla Sicilia, non è annoverata in alcun elenco ufficiale dei crimini nazisti.

Nessuno ha mai saputo di quei cinque Carabinieri e di un invalido assassinati dai tedeschi.

Il Carabiniere Santo Graziano tornò una sola volta a Chiusa Gesso.

I suoi compagni furono sepolti in un vigneto dove il proprietario del campo, Giuseppe Mundo, aveva piantato due alberi di fico perché quella strage non fosse dimenticata.

E quei due alberi sono ancora lì.

Nonostante la dettagliata relazione scritta dal Comandante della Stazione dei Carabinieri, Francesco Tranchina, sulla base del racconto del Carabiniere Graziano, non si ordinò di procedere in alcuna indagine.

Anche l’eccidio a Contrada Chiusa Gesso - Messina è rimasto fino al 1994 tra i 694 fascicoli di crimini commessi dai soldati tedeschi e dai fascisti, fra il 1943 e il 1945, trascurati dalla memoria collettiva.

1944 – 1994 è stato un arco di tempo utile per l’inevitabile presa atto dell’assenza di testimoni, così da segnare l’inchiesta sulla strage di Chiusa Gesso contro ignoti, quindi archiviata dal Gip del Tribunale militare di Palermo.

La Commissione Parlamentare ha potuto pronunciare soltanto un giudizio storico-politico.

Gesso già Contrada Chiusa (Orto Liuzzo) – Messina, la villa già di Matteo D’Agostino che fu saccheggiata dai nazisti

Perché l’insabbiamento della strage?

L’ 11 gennaio 1944, il Comando Tenenza esterna dei Carabinieri reali di Messina chiedeva notizie.

Il 15 gennaio 1944, il Maresciallo Francesco Tranchina, Comandante della Stazione di Castanea delle Furie, relazionò per iscritto sulla strage che coinvolse i commilitoni.

Soltanto nel 1994 si scoprì l’archivio segreto durante le indagini sul caso Priebke, grazie al Procuratore militare di Roma, Antonio Intelisano.

Il Procuratore militare di Palermo, Enrico Buttitta, ad un’uleriore richiesta di notizie dalla Commissione Parlamentare d’ inchiesta sui crimini nazifascisti, così ripsondeva: «Abbiamo assicurato la massima collaborazione», dice. Il fascicolo di Chiusa Gesso è un piccolo incartamento che conserva ancora la relazione del maresciallo comandante della stazione di Castanea delle Furie, scritta diligentemente a macchina su un foglio di carta velina.

Quel giorno di agosto, i militari erano stati distaccati in località Tarantonio per evitare che i tedeschi in ritirata distruggessero i ponti. I Carabinieri, che erano in borghese, notarono un gruppo di tedeschi accanto alla villa di Matteo D’ Agostino, «al chilometro 31+200 della strada statale 113, in direzione Villafranca Tirrena», così annotò il Maresciallo nella sua relazione.

Nella villa abitava il nipote del proprietario, Stefano Giacobbe, «il tardivo», che iniziò a sparare contro i tedeschi. Poi i tedeschi si trovarono di fronte i Carabinieri, e in questo caso furono gli italiani ad avere la peggio.

All’ Appuntato Rizzo fu trovata la pistola d’ordinanza: «Italiani morire», urlavano i tedeschi. «Cercavamo di bloccare i tedeschi che rubavano in quella casa, ma ci fermarono loro».

È drammatico il racconto: «Ci portarono 40 metri oltre. Spararono un primo colpo di moschetto. I miei compagni morirono tutti. Quello destinato a me traforò la giacca, non mi aveva colpito. Caddi comunque per terra e mi finsi morto.

Poi i soldati tedeschi vennero a toccarci il fianco, per capire se eravamo morti. Trattenni il fiato. Caricarono le pistole per il colpo di grazia. E ancora una volta incredibilmente non fui colpito: il proiettile bruciò solo i capelli.

Dopo 15 minuti ripresi i sensi, mi allontanai velocemente raggiungendo il distaccamento, poi il 17 agosto andai a casa mia, a Villafranca Tirrena.

In seguito fui fermato dagli alleati».

Così riferiva il Carabiniere Santo Graziano, superstite di una strage dimenticata.

Foto di Nunzio Di Dio

La Collettiva “58 Artisti uniti per la memoria – La strage di Chiusa Gesso

Inaugurata giovedì 22 giugno, la Collettiva 58 Artisti uniti per la memoria – La strage di Chiusa Gesso” alla Galleria Spazioquattro, promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Messina.

Fino al 24 giugno 2023 l’arte sarà a servizio della storia, della memoria collettiva, dell’educazione ai valori di libertà e democrazia.

58 artisti uniti per la raccolta di fondi destinati alla realizzazione di una lapide in pietra lavica commemorativa di 5 Carabinieri e un civile, caduti per mano di militari tedeschi in ritirata a Orto Liuzzo nell'agosto del 1943.

Partecipano gli artisti:

Antonio Amato, Mario Ampelli, Gianfranco Anastasio, Mariaceleste Arena,

Siro Barbagallo, Piero Basilicò, Maria Berenato, Nunzio Bonina,

Francesca Borgia, Nino Bruneo, Nino Cannistraci, Francesco Carta,

Dora Casuscelli, Gregorio Cesareo, Enzo Currò, Michela De Domenico,

Fortunato Del Dotto, Nunzio Di Dio, Graziella Di Perna, Massimo Di Prima,

Nini Ferrara, Giovanni Fiamingo, Antonio Giocondo, Paolo Giocondo,

Carlo Giorgianni, Angela Impalà, Mimmo Irrera, Elisa La Rosa,

Giacomo Lattene, Sabrina Lo Piano, Davide Lupica, Rocco Luvarà,

Mantilla, Laura Marchese, Mariella Marini, Pasquale Marino,

Laura Martines, Emiliano Martino, Lorenzo Martino, Josè Martino,

Sandro Messina, Sebastiano Occhino, Riccardo Orlando, Giovanni Pagliaro,

Puccio, Stello Quartarone, Maria Rando, Rosa Rigano,

Silvia Ripoll, Ugo Sansone, Angelo Savasta, Enzo Savasta,

Demetrio Scopelliti, Piero Serboli, Alexandra Stralucica, Sara Teresano, Togo.

In esposizione tempere su carta, disegni, opere pittoriche, fotografiche e scultoree con tecniche, tematiche e stili diversi.

L’obiettivo della Collettiva a scopo di beneficenza è la coralità sia narrativa di un fatto storico sia divulgativa di valori umani universali.

Spiega Antonio Giocondo, tra i co-fondatori dell’Associazione culturale “Spazioquattro”:

«Ho aderito all'invito dell'A.N.P.I. perché ritengo sia una buona occasione per contribuire alla realizzazione di un evento molto significativo, ma anche un'occasione per ritrovarsi, confrontarsi e conoscere nuovi artisti.

Questa mostra collettiva, con così tanti artisti, darà la possibilità di avere una visione a 360 gradi del panorama artistico messinese.

Saranno presenti nomi prestigiosi, come Mariella Marini, Carlo Giorgianni, - scomparsi da qualche anno - Piero Serboli, Togo, Mantilla, che rispondono ben volentieri a questi inviti, ma anche artisti emergenti che colgono l'occasione per farsi notare.

Ho donato un quadro con colori acrilici, realizzato un anno fa e mai esposto, che spero venga notato dal pubblico che interverrà all'evento artistico.

Come socio fondatore dell'Associazione culturale “Spazioquattro”, posso dire che siamo soddisfatti del risultato ottenuto, e siamo felici, ancora una volta, ad organizzare eventi che possano contribuire a realizzare piccoli sogni.

Pensa che la fotografia - linguaggio d'arte che pratica e divulga con passione - possa svolgere un ruolo educativo e formativo nei confronti delle generazioni moderne sull'importanza della libertà, come valore necessario nel garantire un confronto democratico propositivo?

La fotografia, intesa soprattutto come scatto fotografico da cellulare, oggi è una pratica molto diffusa, e i giovani hanno imparato molto bene a comunicare attraverso questo nuovo dispositivo, con grande libertà di espressione.

Quello che viene fuori da questa tendenza è un vero e proprio linguaggio che, oggi, è divenuto un chiaro senso di libertà nel divulgare le proprie emozioni e il proprio carattere.

Non penso che la fotografia possa essere intesa come uno strumento di confronto, ma forse soltanto come un atto di interazione con la società che ormai ne è assuefatta.

Si può pensare ad una forma nuova di democrazia mediatica?

Lo comprenderemo nel prossimo futuro.

Cosa rappresenta la libertà nello scatto di una fotografia?

La libertà di scatto è un grande vantaggio per immortalare la vita reale.

Ho notato con stupore, andando in giro per le città, che i turisti non vanno più in giro con la macchina fotografica al collo.

Questo è un chiaro segnale di come la fotografia sia diventata "libera" e appartiene ormai alla routine giornaliera. Mi rendo conto che questa facilità nello scatto con lo smartphone - ho preso anch'io l'abitudine - mi agevola molto nel realizzare le mie foto, (amo la "photostreet") in quanto non vengo visto come un fotografo invadente, passando così molto spesso inosservato.

Non è escluso che io possa, in futuro, allestire una mostra fotografica con le foto realizzate con il mio iPhone, foto rubate e libere che non sarei riuscito a fare con la mia macchina fotografica.

Ritengo, infine, che di tantissime e bellissime foto fatte, tra qualche anno non ne troveremo neanche una nel nostro cassetto dei ricordi.

Troppa libertà di scatto può essere uno svantaggio.

Rivolgo un appello: stampiamo le foto!

Dalle risposte di Antonio Giocondo si ricava la chiave di lettura della Collettiva promossa in memoria dell’eccidio compiuto a Gesso nel 1943, riferibile a due concetti: innovazione e tradizione.

L’arte è quella strada che unisce le forme in un abbraccio e mescola i colori in una partitura, senza dissimulare di alcuno il timbro, ma valorizzandone di ciascuno l’identità in periodi storici diversi come diversi sono gli stili e le tecniche.

L’arte è un teatro di suoni in armonia, da dove si alza il no ai rumori in conflitto.

 

 

 

  Foto di Antonio Giocondo