MESSINA CITTA’ NOVECENTESCA

Messina (foto nuovosoldo.com)
Non si ripeterà mai abbastanza quanto sia oggi importante la conservazione e la valorizzazione della Messina ricostruita dopo il terremoto dei 1908.
Forse il comprensibile rammarico per la scomparsa delle memorie più antiche ha impedito ai messinesi di apprezzare il nuovo volto che la città assunse nella ricostruzione. Ed è con indifferenza, e talvolta con disprezzo, che si è sempre guardato agli edifici del primo Novecento, e sembra si sia smarrita quella facoltà di osservazione serena che permette non solo di apprezzare i valori dell'esistente, ma anche di fermarvi l'attenzione.
In altre parole, sembra che non si riesca a prendere coscienza dei fatto che ormai Messina è una città del Novecento, e che sono proprio questi edifici a darle un carattere: parlo delle costruzioni di stile "eclettico" che si vestono delle forme più varie e talvolta fantasiose, e che oggi sono ormai anch'esse da considerarsi "storiche".
Se poniamo appena un po' di attenzione nell'attraversare la nostra città, vedremo che tutto ciò è ampiamente, e decorosamente rappresentato dagli edifici sorti negli anni fra il 1911 e il 1930. Ma vedremo anche come questa edilizia sia in condizioni di abbandono, o talvolta alterata da modifiche improprie, da sopraelevazioni, da interventi di ogni genere che ne svisano le forme e le proporzioni originarie, quando non sia stata addirittura (e ciò è accaduto soprattutto negli ultimi dieci anni) demolita e sostituita da maxicostruzioni del tutto prive di stile, oltre che estranee al contesto circostante. Tuttavia, nonostante ciò, sopravvivono ancora grossi brani di "questa" Messina della ricostruzione, che si riconosce sia in singoli edifici che in interi complessi e quartieri ancora più o meno integri.
E' nostra intenzione fare qui una carrellata sulla città per fermare, anche brevemente, su queste interessanti sopravvivenze, l'attenzione di chi sino ad oggi non ha considerato questi aspetti della città, ovvero di chi la attraversa quotidianamente senza "guardare".
Pochi cittadini sanno, ad esempio, che per alcuni anni a partire dal 1913, a Messina fu attivo l'architetto fiorentino Gino Coppedè e vi progettò e realizzo almeno sei edifici: di questi, alcuni sono documentati, altri attribuiti sulla base della loro configurazione stilistica, particolarmente riconoscibile: in essi si rileva infatti una decorazione esterna che rielabora motivi di cultura moresca (balaustre traforate, tarsie geometrizzanti, rilievi e graffiti policromi sulle facciate; e, all'interno, ballatoi con elementi lignei, tettoie spioventi a travicelli variamente decorati). Ma tutti sanno che il Coppedè realizzò a Roma un intero quartiere che da lui prese il nome.
Ci si chiede perchè a Messina questi edifici sono ignorati ed alcuni di essi alterati da sopraelevazioni e ristrutturazioni; tra questi va rilevato il caso dell'isolato 311 (sito tra le vie Garibaldi e Cardines), nel quale, un intervento graduale e selvaggio di ristrutturazione delle botteghe sul fronte di via Garibaldi ha letteralmente cancellato la decorazione a fasce che correva lungo tutta la facciata.
Schiere di palazzi assai caratteristici si svolgono lungo i principali assi viari, come via Garibaldi e il viale S. Martino, ma anche lungo quelli minori fra i quali via Cavour, via Cesare Battisti, e, all'interno di questi, nelle relative strade traverse. Ad ogni passo si incontrano palazzi riccamente decorati con rilievi dai motivi più vari: mascheroni, figurazioni vegetali e zoomorfe, motivi stilizzati; eseguiti con una tecnica di impasti oggi ormai in disuso, che si avvaleva di maestranze specializzate e richiedeva peraltro una lavorazione attenta e paziente, non più praticabile con i costi attuali della manodopera. Quindi tanto più preziosi sono questi edifici, in quanto irripetibili modelli in estinzione. Oltre alle decorazioni, è ormai rara anche la configurazione strutturale di questi palazzi, distesa e spaziosa, spesso addirittura di carattere monumentale, con elementi tratti a volte dalle culture rinascimentale e neoclassica: portali affiancati da colonne, o colonne di ordine gigante, come nell'isolato 305 (il palazzo Arcivescovile, sulla facciata di via Cesare Battisti); o con strutture articolate con larghi cortili all'interno, come l'isolato 68 (fra viale Europa, viale S. Martino, via dei Mille e via Trento), arricchito peraltro da una gustosa e varia decorazione con prue di navi e figure dì puma, ma purtroppo mutilato di una grossa fetta per dare luogo ad una moderna quanto insignificante costruzione sull'angolo viale Europa-viale S. Martino.
E soprattutto monumentali sono gli edifici pubblici. Non ci rendiamo conto, ad esempio, della dignità che deriva alla città da palazzi come quelli della Provincia, delle Poste, del Comune, della Prefettura, dei vari istituti bancari (e se ne possono enumerare molti altri), e, al contrario, dello squallore che emana da certe costruzioni più recenti, nel cui progetto sembra sia stata assente qualsiasi esigenza di carattere estetico: cito fra tutti, di contro alla dignità di Palazzo Comunale, edificato su progetto di Antonio Zanca fra il 1914 e il 1927, lo squallore del più recente palazzo Satellite in piazza Stazione.
Tutta l'edilizia scolastica cittadina dei primo Novecento, poi, è di rilevante dignità, ma purtroppo trascurata e abbandonata ad una rovina graduale (vedi, ad esempio, lo stabile del liceo "Maurolico", che sembra cadere a pezzi da un momento all'altro) o destinata alla demolizione (vedi l'assurdo caso del complesso scolastico Cannizzaro-Galatti fortunatamente salvato dalla mobilitazione dei genitori e di parte dell’opinione pubblica).
Che questi palazzi vengano lasciati cadere in rovina è una colpa molto grave delle istituzioni, ma io credo che se il cittadino prendesse coscienza dei valori, estetici e storici, che essi rappresentano, tale rovina si potrebbe in gran parte evitare. Molto spesso infatti, i proprietari degli edifici privati, che non sono informati del loro valore, preferiscono dare in locazione lo stabile più "vecchio", per sceglierne come propria abitazione uno “nuovo", e in questi casi il primo viene abbandonato al degrado.
Sono questi i casi che una maggiore sensibilizzazione culturale potrebbe evitare; da ciò l'importanza dell'informazione nei confronti di cittadini che non sono stati avviati a considerare certi valori, ma che possono sempre iniziare a conoscerli e a farvi attenzione. Inoltre una opinione pubblica più largamente informata può agire con manifestazioni che condizionino a loro volta l'azione delle istituzioni e degli Enti locali e Regionali.
Teresa Pugliatti, Storica dell’arte e Professore Emerito di Storia dell'arte all'Università di Palermo