Protagonisti della Resistenza: il messinese Ferruccio Allitto Bonanno 

Tessera CLN di Ferruccio Allitto Bonanno, documento istituito su proposta del “Centro P.”

di Eugenio Campo -

 

Seconda parte della biografia di Ferruccio Allitto Bonanno (nel seguito, per brevità, FAB), dal 1945 al 1960, scandita dalle seguenti diadi: 

Insurrezione e Liberazione (due eventi pianificati nei dettagli dal CNL)

Polizia e Popolo (due entità da riconciliare)

Torino e Milano (le due città dove si svolge circa 2/3 della carriera di FAB)

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Insurrezione e Liberazione

La sera del 24 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Regionale del Piemonte (CLNRP) trasmette un messaggio in codice: «Aldo dice 26 x 1. Nemico in crisi finale. Applicate Piano E27».  E’ il segnale dell'insurrezione di Torino, con inizio fissato all'una di notte del 26 aprile.

Ferruccio Allitto Bonanno (FAB), responsabile del “Centro P.”, ovvero della polizia partigiana emanazione diretta del CNRP, partecipa all’insurrezione armata. 

Il piano E27, elaborato da mesi, più volte aggiornato, si fonda su tre concetti:

  1. l'insurrezione deve avvenire con il concorso delle formazioni cittadine e di quelle foranee, che devono occupare gli obiettivi prefissati e stabilire attorno alla città una cintura di posti di blocco;
  2. le formazioni operaie e le squadre partigiane antisabotaggio devono provvedere alla difesa degli impianti e delle vie di comunicazione;
  3. Torino deve liberarsi da sola, prima dell'arrivo degli Alleati, i poteri amministrativi locali devono essere attivati immediatamente con i responsabili designati dal CNRP. 

La città militarmente gestita dal Comando Piazza, con a capo Libero Nicoletto, nome di battaglia Ferri Andreis, è divisa in cinque settori:

il primo Borgo San Paolo, comprendente le fabbriche Lancia, SPA, Viberti, Venchi Unica, Nebiolo;

il secondo Barriera di Milano, comprendente le fabbriche Ferriere, Savigliano, Michelin, CIMAT;

il terzo Barriera Nizza, comprendente le fabbriche Fiat di Lingotto e Mirafiori, Microtecnica, Carello;

il quarto settore, tutta la zona Nord a partire da corso Vittorio, con le Fabbriche Grandi Motori, fonderie Fiat, CEAT, oltre i servizi essenziali della città: telefoni, banche, posta centrale, sede dei giornali;

il quinto, la collina alla destra del Po, strategicamente importante perché attraverso questo settore è atteso l’arrivo delle formazioni partigiane.

I primi scontri sono alla Spa, alla Lancia, alla Grandi Motori, alla Nebiolo: gli operai respingono i tentativi tedeschi di occupare gli stabilimenti e distruggere gli impianti. Le formazioni foranee si avvicinano alla città; sono i partigiani di 3 delle 9 zone in cui è stato diviso il Piemonte, provenienti da Canavese e valli di Lanzo, valli Susa-Sangone-Chisone-Germanasca-Pellice, Monferrato.

Sono occupati i luoghi del potere: la prefettura, la questura, gli edifici simbolo del regime. 

FAB viene anche catturato dai tedeschi e sarebbe avviato senz’altro alla fucilazione, se con mossa fulminea non si liberasse abbattendo due soldati nemici.

La sera del 27 aprile tedeschi e fasciti fuggono da Torino, la città è presidiata dai partigiani. Le autorità designate si preparano all’insediamento: sindaco il comunista Giovanni Roveda, presidente della provincia il democristiano Giovanni Bovetti, prefetto il socialista Pier Luigi Passoni, questore l'azionista Giorgio Agosti. 

Giorgio Agosti (1910-1992) è un magistrato, uno dei fondatori del Partito d’Azione piemontese, attivo nella lotta partigiana come commissario politico delle formazioni Giustizia e Libertà.  FAB, direttore del “Centro P.”, assume naturalmente un ruolo di primo piano: abbandonato il servizio dopo l’8 settembre 1943 per unirsi ai partigiani, ritorna nella Questura di corso Vinzaglio 10. 

FAB e Giorgio Agosti hanno incontrato qualche settimana prima il CLN clandestino della Questura, per illustrare il progetto della nuova Polizia del Popolo, trascorrono assieme la notte tra il 27 ed il 28 aprile, a discutere come avviare l’organizzazione ed il funzionamento della questura secondo il loro progetto.

Ecco il discorso di insediamento del questore della liberazione, come riportato dallo stesso Agosti in un articolo per La Stampa, in occasione del 30° anniversario della liberazione.

Nel prendere possesso di questo ufficio di grande responsabilità, per designazione del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Piemontese, rivolgo il mio saluto a tutti i funzionari ed in particolare a quelli che, nella loro qualità di membri del Centro Polizia alle dipendenze del CLN hanno fattivamente collaborato, affrontando rischi e sostenendo persecuzioni non lievi, all’opera della liberazione. Alla polizia fascista, supino strumento di un potere fazioso che ha condotto il Paese alla rovina, si sostituisce oggi la Polizia del Popolo agli ordini diretti dei nuovi organi della democrazia, garante dell’ordine morale e materiale della nazione. Alle multiformi bande di criminali in camicia nera che usurpando il nome di tutori dell’ordine, tanti delitti hanno commesso e tanta bassezza morale dimostrato, si sostituiscono oggi le Formazioni Partigiane del Corpo Volontari della Libertà, che per 18 mesi hanno lottato con eroismo senza pari, in mezzo a difficoltà incredibili, per ridare all’Italia libertà e dignità.

In questo spirito di rinascita e con queste nuove forze a cui ben degnamente è oggi affidata dal CLN Regionale Piemontese la tutela della vita, della libertà e degli averi dei cittadini, io son sicuro che la Polizia del Popolo, riprendendo le sue antiche tradizioni, saprà riacquistare la fiducia della popolazione ed assicurarsi il prestigio che le spetta da parte dei cittadini e non più di sudditi di un potere tirannico.

Nella mia duplice qualità di magistrato e di comandante partigiano intendo che la polizia eserciti le sue funzioni in piena legalità di intenti e di forme, abbandonando quei sistemi che seppure adottati da pochi uffici, tutta l’hanno disonorata, e ricordando che l’energia nell’espletamento delle proprie mansioni non deve disgiungersi dal rispetto della personalità e dignità umana.

In questi giorni di universale letizia in cui un regime da tutti odiato e disprezzato finisce nel fango più che nel sangue, e in cui si opera un profondo rivolgimento di tutta la struttura politica e sociale, chiedo che tutti i funzionari rimasti in carica diano prova di spirito di grande comprensione.

Non è possibile pretendere che, nello spazio di poche ore, il popolo italiano, che dal fascismo era stato abituato a vedere nella polizia uno strumento di vessazione e di persecuzioni, si renda immediatamente conto che la Polizia del Popolo è la sua polizia e non quella di un regime nemico.

Dipende soprattutto dalla prontezza con cui questi ultimi si renderanno conto della nuova situazione veramente rivoluzionaria che si è creata e sapranno adeguarsi col contegno e col lavoro il dissipare ogni possibile equivoco e malinteso. Equivoci e malintesi che non saranno d’altronde più possibili non appena avrà ricevuto applicazione il decreto 25 aprile 1945 del CLN Regionale Piemontese sulla costituzione e sul funzionamento delle Forze dell’Ordine che prevede appunto la formazione dei nuovi organici della Polizia del Popolo e la riammissione in servizio previo severo controllo da parte di apposite commissioni di epurazione.

Intendo infine ricordare ciò che per troppo tempo è stato dimenticato: che cioè la polizia giudiziaria adempie alle sue attribuzioni sotto la direzione e alla dipendenza del Procuratore Generale e del Procuratore del Re. Agli organi del Pubblico Ministero è pertanto dovuta obbedienza pronta e completa al fine di assicurare al massimo l’efficienza delle funzioni giudiziarie: e a tutti i Magistrati spetta quel rispetto e quella subordinazione richiesti dalle altissime funzioni di cui in un regime di libera democrazia il potere giudiziario è investito.

La fase silenziosa e rischiosa della cospirazione è finita, la fase eroica della rivoluzione popolare si è chiusa con una nuova affermazione delle magnifiche qualità di fermezza e di intima disciplina di tutta la popolazione torinese. Comincia ora la terza fase: la fase di ricostruzione morale e materiale del Paese. Il compito che in questa fase è affidato alla Polizia del Popolo è di una importanza grande: così come grandi saranno i meriti che essa saprà acquistarsi agli occhi del Paese assolvendo con energia e con comprensione, con intelligenza e con serena imparzialità.

 

 

Polizia e Popolo

L’espressione Polizia del Popolo usata dal nuovo questore Giorgio Agosti non è retorica, o peggio demagogia, ma la sintesi di un complesso e articolato

Agosti ed Allitto Bonanno a colloquio con la Polizia del Popolo

progetto condotto nell’ambito del CNL piemontese a partire dal Settembre 1944. Progetto nel quale FAB ha un ruolo di assoluto protagonista.

Negli appunti di Paolo Greco (1904-1984) primo presidente del CLN piemontese, pubblicati in “Aspetti della Resistenza in Piemonte” Books Store – Torino 1977, a pag. 222, si legge:

CLN discute progetti di organizzazione della polizia. Incarico al PdA e ad Allitto. Incontro di Greco con Allitto tramite Penati. Inizio dei rapporti periodici di Allitto. 

Conviene aggiungere che Fausto Penati (1904-1984), medico cardiologo, è uno tra i principali responsabili dell’organizzazione del Partito d’Azione, trait d’union di FAB tanto con Greco quanto con Agosti. 

L’iniziativa del progetto ha riscontro puntuale nel verbale della IX riunione del Comando Piazza (rif. Vaccarino-Gobetti-Gobbi “L’insurrezione di Torino”, Guanda - Parma 1968, pag. 81):

Il PdA propone che si discuta un progetto di corpo di polizia. Fa presente che il CLN ha contatti o conosce un ex commissario di PS che non ha giurato e non ha più prestato servizio, e che inoltre non ha avuto a che fare con il fascismo ante 25 luglio.

E’ un elemento tecnico capace, al quale potrebbe essere assegnato il compito di stendere un progetto di istituzione di un servizio di polizia per la fase post-insurrezionale. Si dovrà tenere conto del fatto che il corpo di polizia sarà composto in massima parte di nuovi elementi provenienti dalle file patriottiche. Egli insiste sul fatto che per tutti i servizi tecnici occorrono elementi aventi già un’esperienza nel detto campo, e che molti servizi, quali l’annonaria e simili non possono essere lasciati in mano di incompetenti senza farne risentire danno alla popolazione.

La proposta degli azionisti è accolta da liberali e democristiani, accolta molto favorevolmente dai socialisti, apparentemente bloccata dai comunisti. Dal testo del verbale non è chiaro se l’opposizione comunista fosse relativa al progetto o si volesse semplicemente evitare che l’estensore del progetto, l’ex vice commissario PS, ovvero FAB, diventasse automaticamente il candidato principale alla carica di questore dopo la liberazione. 

In qualche modo l’iniziativa non si ferma, è redatto un progetto che ha per titolo “Schema di decreto sulla costituzione e funzionamento delle forze dell’ordine”. FAB come responsabile del “Centro P.”, commenta i 19 articoli del decreto e per alcuni di essi propone emendamenti, dandone ampia motivazione e riscrivendo gli stessi articoli. Nel seguito un estratto delle considerazioni di FAB (fonte archivio Istoreto A FP 1 4).

In linea di massima i principi informatori del progetto in esame riscuotono il pieno consenso di questo Centro, sia per quanto riguarda l’istituzione di una Polizia “unica” organizzata militarmente ed affidata per l’impiego tecnico alla figura nuova del V. Questore Comandante, sia per quanto riflette i compiti delle FO, nonché i criteri di reclutamento ex novo e quelli di epurazione dei disciolti Corpi.

In questa fase acuta della lotta contro il nazi-fascismo, i cui molteplici organi polizieschi gravano con disumana ferocia sulle forze sane del nostro Popolo ed escogitano nuovi metodi, sempre più insidiosi ed obliqui, per soffocare nel sangue ogni aspirazione di libertà e di giustizia, nessuno più consapevolmente delle forze insurrezionali può valutare e fissare i requisiti da richiedersi al nuovo Corpo di Polizia:

  • questo dovrà essere una emanazione del Popolo, perché insorge a sua difesa, contro ogni oppressione politica ed ogni forma di delinquenza comune; solo una creatura del Popolo potrà dissipare il sospetto e la diffidenza che a buon diritto i cittadini nutrono contro l’attuale polizia;
  • dovrà essere “unitario” in contrapposto alla molteplicità delle polizie nazi-fasciste;
  • dovrà essere organizzato militarmente, perché soltanto una ferrea disciplina delle FO potrà impedire il caos e facilitare così l’opera di ricostruzione;
  • dovrà essere moralmente sano e politicamente estraneo ad ogni corrente di partito, in modo da guadagnarsi l’incondizionata fiducia e simpatia dell’opinione pubblica.

Altra innovazione apprezzabile del progetto è quella che mira a raggiungere una compatta omogeneità del Corpo di Polizia, eliminando la figura ibrida del funzionario civile di PS, che, pur esercitando azione di comando su di un corpo militarizzato, ne rimane estraneo organicamente, privo di qualsiasi diretto potere disciplinare sui dipendenti.

Progetto di organico delle forze dell’ordine per la provincia di Torino” è il titolo del documento del Centro P. firmato Libero, datato 1 marzo 1945, inviato a CNLRP, CMP e Comando Piazza. Il progetto è elaborato in base al dispositivo dell’art. 12 del menzionato decreto sulla costituzione e funzionamento delle forze dell’ordine. Il documento, molto dettagliato, è diviso in tre parti:

  • Considerazioni di carattere politico e di indole tecnica;
  • Organico della Polizia del Popolo nella città di Torino;
  • Organico della Gendarmeria

Per la città di Torino l’organico complessivo previsto è 5265 persone, frutto di un’analisi che considera funzione, grado e dislocazione. Per sottoufficiali ed agenti c’è addirittura la distinzione tra quanti operano in divisa e quanti in borghese.

Il passaggio dal progetto alla realizzazione comincia bene. Si parte con la IX Divisione di Giustizia e Libertà di Gastone Alberti e con i pochi rimasti della vecchia questura. Nella seduta regionale del CNL del 2 maggio Giorgio Agosti chiede e ottiene l’arruolamento di 1500 agenti, 100 sottoufficiali e 50 ufficiali da selezionare tra gli ex partigiani.

Il governo militare alleato (AMG) si insedia l’8 maggio 1945, il Public Safety Officer affianca il questore, il bando è confermato e viene pubblicato il 14 maggio.  Per gli alleati la Polizia del Popolo si chiama “Special AMG Police”, ma l’intesa è più che sufficiente per realizzare i progetti coltivati prima del 25 aprile. Ovviamente con la necessaria flessibilità, perché ad esempio nel frattempo matura a livello nazionale la decisione di conservare l’Arma dei Carabinieri e di non inglobarli nelle nuove Forze dell’Ordine. 

La selezione avviene velocemente con criteri che tengono conto dell’esperienza partigiana, dell’esperienza pregressa, del bilanciamento tra le varie componenti politiche della Resistenza, del titolo di studio.  A fine giugno l’organico della Questura di Torino è di 2200 persone, FAB che funge da capo gabinetto e segretario è nominato Commissario Capo, con decreto 14 giugno 1945 del Prefetto di Torino, approvato dal maggiore Mighall, il Public Safety Officer.

La Questura di Torino ha un ruolo guida per tutto il Nord Italia: il nuovo governo, il primo dopo la liberazione, presieduto da Ferruccio Parri emana un bando nazionale per l’arruolamento in polizia dei partigiani per 6000 posti il 21 agosto 1945; Agosti è incaricato di fornire alle autorità nazionali il quadro della situazione in ciascuna delle questure del nord Italia.

Ma questa felice situazione dura poco: il primo governo De Gasperi, che nel dicembre 1945 sostituisce il governo Parri, con Romita agli Interni emana un altro decreto per ulteriori immissioni di personale in Polizia, agenti ausiliari ed ufficiali, ma il vero problema è come equiparare i gradi nelle divisioni partigiane con i gradi nella polizia. Come se non bastasse, poco dopo il voto del 2 giugno 1946, il ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti, vara il decreto di amnistia che depotenzia notevolmente l’epurazione dei pubblici funzionari compromessi con il fascismo. Inoltre c’è da trovare posto agli ex PAI, Polizia dell’Africa Italiana.

Morale: per gli ex partigiani c’è sempre meno posto in Polizia, pochissimi ausiliari vengono ’stabilizzati’, le uscite sono incentivate. Con il terzo governo De Gasperi (febbraio 1947), l’arrivo al ministero degli Interni di Mario Scelba, la successiva estromissione della sinistra dalla maggioranza, le prospettive future praticamente si annullano.

Il caso di FAB può risultare esemplare: nonostante i meriti eccezionali, illustrati dal presidente del CLNRP Franco Antonicelli con la lettera del 31 gennaio 1946, da una lettera analoga del prefetto Pierluigi Passoni stessa data,  da una nuova lettera del successivo prefetto Vincenzo Ciotola datata 5 ottobre 1946, FAB ottiene il riconoscimento del  grado  VIII (commissario) solo il 16 giugno 1947, il grado successivo (VII, commissario capo) solo il 1 settembre 1953, ovvero 8 anni dopo il conferimento avuto dal prefetto della liberazione Passoni e dagli alleati dell’AMG.

Può essere utile citare due episodi che testimoniano l’approccio innovativo inerente alle prassi della “polizia del popolo”.

La strage di Villarbasse. Nel novembre 1945 dieci persone scompaiono dalla cascina Simonetto, prima credute rapite, poi trovate morte in un pozzo della stessa cascina. Pochissimi indizi. Dicerie inducono a sospettare di un ex partigiano della Divisione Campana, con un soprannome ad-hoc per il ruolo, Carmelo “il boia”. Ricercato con una taglia che induce facili allucinazioni: mezzo milione di lire. Per il bando si ricorre anche ad un cinegiornale, prodotto e proiettato nelle sale in tempi record. A metà dicembre Carmelo viene arrestato in Sicilia, nel suo paese di origine, da Torino partono FAB ed il comandante partigiano di Carmelo per interrogarlo e tradurlo a Torino. Si scopre che Carmelo è tornato al suo paese a maggio, ben prima della strage di Villarbasse, che non può esistere alcun dubbio sulla sua innocenza. FAB lo convince a seguirlo a Torino e nell’ultimo giorno dell’anno convoca una conferenza stampa e lo presenta così ai cronisti con parole calde e commosse (riferimento giornale L’Opinione 1 gennaio 1946):

Ecco qui l’uomo che per un mese è stato dipinto con le tinte più fosche, che è stato accusato del più nefando delitto, che ha sofferto puro e innocente, il maggiore strazio che possa soffrire anima umana. Polizia e Stampa dobbiamo batterci il petto davanti a lui per la colpa in cui siamo caduti.

L’altro episodio è relativo ad una manifestazione di Torino del 9 aprile 1947, partecipata da migliaia di ex combattenti e internati esasperati, che rivendicano l’erogazione degli assegni di smobilitazione, a suo tempo deliberata dal CLN. Il dialogo con il Prefetto si trasforma in occupazione della Prefettura. Al Ministero che lo rimprovera per non aver usato la Celere per disperdere i manifestanti, Giorgio Agosti risponde: 

gli uomini della Celere hanno fatto quanto era possibile nella sola direzione possibile, quella cioè di evitare violenze alle persone.   

La tesi di Paola Chirico (La Polizia dell’Italia repubblicana, il caso di Torino, 1944-1946) tratta tutti gli elementi, per ultimo ma non ultimo l’ordine pubblico, che inducono il questore a lasciare l’incarico e tornare in magistratura.  

 

In primo piano Allitto Bonanno al centro e Agosti a destra, probabile interlocutore Italo Nicoletto

Torino e Milano

Se Giorgio Agosti reagisce all’impostazione data dal ministro degli Interni Mario Scelba con le dimissioni ed il ritorno in magistratura, FAB che si è sempre considerato un tecnico resta al suo posto perché ritiene giustamente che quello sia il suo mestiere. 

Con il nuovo questore Guido Brunetti, FAB mantiene per un semestre l’incarico di capo gabinetto, periodo in cui avvengono due eventi importanti: di importanza nazionale le elezioni del 18 aprile, i cui risultati consolidano l’approccio voluto da Scelba nella gestione dell’ordine pubblico; di importanza privata la nascita del figlio Carlo, il 19 luglio, presso l’ospedale Maria Vittoria. Carlo è tenuto a battesimo da Giulia Guarneri, partigiana combattente, arrestata assieme a FAB il 23 marzo 1945.

A settembre 1948 FAB torna ad occuparsi di indagini, così come prima dell’8 settembre, questa volta come capo della squadra mobile.

Così il suo nome ricorre di frequente nelle cronache della Stampa. 

Soprattutto furti e rapine: ingegnere della SIP derubato da emigranti diretti in Francia e respinti alla frontiera (29 ottobre 1948); falsari francesi spacciatori di dollari statunitensi (3 novembre 1948); napoletano che si finge funzionario ERP (European Recovery Program) per ricettare merci varie di elevato valore (28 novembre 1948); due milioni rubati dalla cassaforte della Società Carbonifera Italiana aprendo un foro con la fiamma ossidrica (9 gennaio 1949); rapina nella villa del direttore di Microtecnica, bottino di 7 milioni di lire, comprendente sette pellicce della signora (12, 14 maggio 1949).

Poi morti sospette e/o omicidi: studente asfissiato a capodanno (4,5 e 6 gennaio 1949); manca la luce ed una volta riattivata si scopre un morto con la testa fracassata (30 marzo 1949); ventenne muore ruzzolando da un pendio in collina, mente passeggia con fidanzata ed amico (21 aprile 1949); tentato femminicidio di una trentasettenne sposata ad un ottantenne con due amanti (15 giugno 1949); uomo trovato morto sotto il cavalcavia di corso Bramante (25 giugno 1949).

Infine vari casi più o meno singolari: una nobile famiglia napoletana abbandonata dalla giovane dama di compagnia che chiede soccorso alla Questura (2 novembre 1948); l’arresto di un luogotenente del bandito Salvatore Giuliano presso l’ufficio principale delle Poste (11 novembre 1948); misteriosa giovane affascinante diciottenne napoletana che cambia albergo ripetutamente (12 gennaio 1949); casa d’appuntamento mascherata da laboratorio di mode femminili (13 marzo 1949); un caso di tratta delle bianche (1 maggio 1949).

Il primo presidente della Corte d’Appello di Torino, Pretetti-Griva, scrive al Ministero il 15 settembre 1949 che dopo il marasma del dopoguerra il numero dei reati è nettamente diminuito, gran parte del merito è da attribuirsi alla Squadra Mobile ed al suo capo FAB: nella quasi totalità i responsabili di omicidi e rapine sono stati identificati ed arrestati, portando al giudizio del magistrato esauriente materiale probatorio.

Dopo la direzione della squadra mobile di Torino, FAB con una breve parentesi, dal novembre 1949 al novembre 1950,  a Novara e  Lodi, è trasferito a Milano dove si ferma fino al 30 giugno 1954. 

A Milano, come commissario presso l’ufficio politico, per quasi tre anni l’attività principale è individuare e sequestrare armi, munizioni ed esplosivi nascosti, soprattutto nelle fabbriche. 

Notevoli i risultati:  

Stabilimenti Caproni di Taliedo, presso gli impianti sportivi dell’azienda (CdS - Corriere della Sera, 25 febbraio 1951);

OM, Officine Meccaniche di via Pompeo Leoni, in un cunicolo sottostante la sala di collaudo delle vetture ferroviarie (CdS 4 marzo 1951):

Breda di Sesto San Giovanni, in una cantina magazzino nell’intercapedine tra due locali (CdS 18 marzo 1951);

Pirelli Bicocca, reparto per la lavorazione della guttaperca per il rivestimento dei cavi. Successivamente anche nei reparti cinghie e tappeti. In celle murate sotto il piano di lavorazione (CdS 10 marzo 1951); 

Falegnameria Mario Montanari, presso Porta Romana in via Botta 6, cunicolo chiuso da un tavolato a precedere un locale chiuso in muratura stipato con 45 casse contenenti fucili, moschetti, munizioni ed esplosivi (CdS 11 ottobre 1952).

Nel 1953, dopo la nomina a commissario capo, FAB  lascia l’ufficio politico per divenire responsabile della II Divisione Giudiziaria.

In questo nuovo ruolo collabora con il magistrato   dott. Gresti per definire l’origine del cosiddetto carteggio Mussolini-Churchill, carteggio il cui latore Enrico De Toma, un ex ufficiale della repubblica di Salò (brigate nere), è causa di avvenimenti dolorosi, facendone anche parte due lettere firmate De Gasperi, pubblicate da Giovanni Guareschi sul settimanale “Candido” a gennaio 1954.

Dalle false lettere si evincerebbe che De Gasperi abbia sollecitato, nel gennaio 1944, agli alleati il bombardamento di Roma occupata dai tedeschi. La pubblicazione costringe De Gasperi a querelare Guareschi, che il 15 aprile 1954 viene condannato ad un anno di reclusione senza condizionale.

La conclusione dell’indagine sul carteggio è resa possibile dal sequestro del materiale contenuto in alcune cassette di sicurezza intestate all’ex ufficiale, individuate presso banche svizzere: documenti e bolli usati per la contraffazione (CdS 11 luglio 1954). Un’ingegnosa tecnica consistente nella scomposizione calligrafica di documenti autentici, per poi usare gli elementi della scomposizione per il montaggio del documento.

Conclusa l’indagine sul falso carteggio, FAB ritorna a Torino (luglio 1954), con lo stesso ruolo ricoperto a Milano dopo la promozione, ovvero dirigente della II Divisione - Polizia Giudiziaria, divisione che comprende anche la squadra mobile, quindi con un frequente ritorno nelle cronache cittadine come era avvenuto nei primi anni di carriera, almeno per i casi di maggior interesse, fino al febbraio 1958 quando è promosso vicequestore.

Il ritorno a Torino, dopo quasi un lustro, non può che essere gradito: la città di nascita di entrambi i figli, conosciuta palmo a palmo come vice commissario, poi monitorata e difesa durante la resistenza come direttore del Centro P. e quindi come stretto collaboratore del questore della liberazione.  Senza contare il piacere di ritrovare i vecchi compagni di lotta. A questo proposito giusto dal 1954, Valdo Fusi e Cornelio Brosio prendono l’iniziativa di organizzare ogni anno il “pranzo dei resistenti” presso lo storico ristorante Canelli, una delle sedi clandestine delle riunioni del CLN. L’elenco degli invitati coincide con buona parte della “nomenklatura illuminata” torinese.

Luglio 1960: composta manifestazione antifascista nel centro di Torino

FAB ritorna ad essere frequentemente citato nella cronaca di Torino, oltre che nelle notizie delle indagini relative a furti, rapine e cronaca nera, il suo nome ricorre in occasione di eventi di varia natura che coinvolgono in parte o in tutto la comunità locale. Alcuni esempi:

  • Il controllo del pubblico allo stadio, inferocito per l’inattesa sconfitta 0-4 della nazionale di calcio contro la Iugoslavia (Stampa 19 aprile 1955)
  • La gestione dell’ordine pubblico in occasione delle prime Universiadi, con eventi risultati di grande richiamo come la partita di pallacanestro Italia-Russia (Stampa Sera 6 settembre 1959);
  • L’omaggio della città ai torinesi vincitori alle Olimpiadi di Roma Livio Berruti e Giuseppe Delfino (Stampa Sera 22 settembre 1960);
  • Lo straripamento del Po ed il necessario sfollamento delle borgate Madonna del Pilone e Borgata Rosa (Stampa 20 dicembre 1960).

Forse le occasioni in cui la gestione di FAB beneficia maggiormente della sua esperienza e sensibilità di ex-combattente per la libertà, sono la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1958 (riferimento la Stampa del 19 maggio 1958) e soprattutto le manifestazioni contro il governo Tambroni:

  • la manifestazione in piazza Solferino, contro il congresso MSI a Genova, con lievi incidenti (Stampa Sera 1 luglio 1960);
  • l’agitazione delle fabbriche e relative manifestazioni, calme e composte, per i cinque morti di Reggio Emilia (Stampa Sera 9 luglio 1960);
  • la grandiosa e solenne manifestazione della Resistenza al Sacrario del Martinetto   (Stampa Sera 11 luglio).

La manifestazione antifascista del 10 luglio, con il corteo da piazza Statuto al Martinetto, è in un certo senso l’ultimo atto della carriera di FAB presso la Questura di Torino, quasi una sintesi se si considera che al Sacrario sul palco c’è Franco Antonicelli e tra gli organizzatori Giorgio Agosti (rif. Giorgio Agosti “Dopo il tempo del furore, Diario 1946-1988”, Einaudi 2005).

Un altro capitolo della carriera sta per aprirsi: quella di questore, destinato a peregrinare per le città del nord Italia, anche in situazioni di potenza drammatica non molto diverse dal “tempo del furore” evocato da Giorgio Agosti.