Perfetti sconosciuti

Perfetti sconosciuti

di Francesco Saija

Personalmente non amo l’adattamento teatrale di opere cinematografiche, perché quasi sempre non riescono a raggiungere lo scopo.

Solo raramente, per capacità registiche e bravura attoriale, l’opera cinematografica trasferita sulla scena teatrale riesce a convincere.

Dal 9 all’11 maggio, sul palcoscenico del Teatro “Vittorio Emanuele”, lo spettacolo “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese è stato particolarmente convincente e ha riscosso un notevole successo di pubblico.

Paolo Genovese, con la sua prima regia teatrale, ha portato in scena un interessante adattamento della sua bella commedia cinematografica di alcuni anni fa.

Forse lo spettacolo è riuscito alla perfezione perché protagonista è stato l’”abominevole” e “ mostruoso” telefonino che è diventato non tanto uno strumento di comunicazione ma direi di alienazione collettiva.

Il cattivo uso della “scatola nera o colorata” che controlla e condiziona le nostre vite è certamente un pericolo per l’umanità e per dei veri rapporti interpersonali.

Lo strumento telefonino è, tanto per restare all’interno del luogo teatro, un elemento di disturbo per chi vuole partecipare alla rappresentazione teatrale. Per chi vuole seguire con attenzione uno spettacolo costituisce una grande sofferenza, l’imposizione, da parte di spettatori maleducati, di telefonini accesi, di lucette disturbanti durante uno spettacolo teatrale o cinematografico.

Ma , torniamo all’opera teatrale diretta da Paolo Ge4novese : in un salotto-cucina allestito sul palcoscenico , con una semplice e bene equilibrata scenografia di Luigi Ferrigno , quattro coppie di amici che forse si conoscono poco , riescono ad instaurare un vero e proprio “gioco della verità” , affidato   alla “scatola parlante” , espressione del cosiddetto progresso che non sempre è progressista nel significato positivo di questo termine.

Direi anzi che se il famoso filosofo ottocentesco Carlo Marx ritornasse in vita non direbbe che la religione è “oppio per il popolo”. Forse oggi direbbe che il “cellulare” può diventare il vero “oppio per il popolo” e strumento nelle mani del sistema capitalista che riesce a controllare non solo la nostra vita pubblica ma anche , come sostiene il regista , quella privata e quella piè intima e segreta.

Giustamente Paolo Genovese , nelle sue note di regia , confessa che , in un primo tempo , non aveva voglia di trasporre sul palcoscenico la sua opera cinematografica , proprio per evitare una operazione di tipo commerciale.

Poi ha visto in teatro , in Argentina , il suo copione teatrale e ha capito , osservando la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico , che l’adattamento teatrale avrebbe portato il pubblico ad una partecipazione collettiva facendo diventare palcoscenico anche la platea.

Condivido le riflessioni del regista e io stesso mi sento di dire di aver partecipato a quella cena della verità e di aver vissuto , per circa 80 minuti , quella che Genovese definisce “una brillante commedia sull’amicizia , sull’amore e sul tradimento , che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere ‘Perfetti sconosciuti’”.

E’ vero , il teatro è vita vissuta , il teatro è quotidianità , il teatro è attualità e non è assolutamente filtrato dallo schermo cinematografico che ci porta a vedere il film sentendolo come una finzione . Non è un caso se oggi il cinema documentaristico riesce ad essere molto apprezzato dal pubblico.

Dal “gioco della verità” che si svolge sul palcoscenico vengono fuori i drammi personali delle quattro coppie : le debolezze individuali , l’incapacità di comprendere i problemi di una adolescente , le passioni segrete , gli amori , i tradimenti , la necessità di sottoporsi all’analisi per conoscersi e comprendersi.

Vengono fuori quelle che potremmo anche definire le tragedie personali che interessano ciascuno di noi e le conseguenti sofferenze .

Quella di Genovese è certamente la commedia della vita e deve portarci anche al riso.

Pur all’interno di problematiche complesse , le grandi capacità del regista e la grande bravura di tutte le attrici e di tutti gli attori da Dino Abbrescia , Alice Bertini , Marco Bonini , Massimo De Lorenzo ad Anna Ferzetti , Rosario Lisma e Valeria Solarino , riescono a fare ridere il pubblico.

Sempre nelle sue note , il regista sostiene che nel suo lavoro “c’è anche la comicità assoluta , che può essere compresa ovunque”.

Mi sento di condividere le sue riflessioni . In platea , abbiamo riso tanto , ma il suo lavoro teatrale ha portato il pubblico a riflettere e meditare sulla tragedia della quotidianità contemporanea.

Per Genovese , ed è vero , “Perfetti sconosciuti” ha “una comicità universale , che va al di là del legame con l’Italia e si sofferma sull’umanità , le passioni e le debolezze umane”.

Cio’ che viene fuori dal “diabolico apparecchietto” può anche portare al riso , ma può anche fare esplodere dei drammi interiori. Le nuove tecnologie della comunicazione alienante esistono e purtroppo non possiamo farne a meno .Ed allora dipende da noi , esseri pensanti , l’uscire dalla schiavitù della tecnologia e farne – come sostiene il regista – un uso “fisiologico” . Un uso sbagliato può diventare “patologico” e trasformare l’essere umano in uno zombi ambulante anche quando guida un automobile.

Lo spettacolo è stato prodotto dal Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo , Teatro della Toscana e Lotus Production .

I costumi sono stati curati da Grazia Materia e le luci da Fabrizio Lucci.

Uno spettacolo di grande impatto , di grande divertimento e di bella meditazione.