Schegge di storia
A proposito delle scritte “Mussolini” su Palazzo Magaudda
di Giuseppe Restifo -
Quel palazzo non l’ha costruito Mussolini; il “Duce” si è limitato a sporcarlo, con la sua firma e le sue scritte. Preso da una grande frenesia narcisistica e propagandistica, non si poteva trattenere, “passau paru” su architetture pregiate e “supra ‘e muri” con fake-scritte. L’aratro che traccia il solco e la spada che lo difende: peccato che la spada era di latta. “Unica è la fede: l’amore di patria”… fino all’8 settembre, e poi “ma scappu vistutu di surdatu tedescu”. A Messina si fece scrivere un “Duce” gigantesco sul muraglione sotto Cristo Re. Dio non voglia che a qualcuno venga in mente di restaurarlo…
Allora, per chi confonde gli stili architettonici e non è al corrente dei tempi di costruzione degli edifici, insisto: palazzo Magaudda non l’ha costruito Mussolini. La stessa Soprintendenza dice che le scritte, che sono comparse nel corso del restauro, sono posticce; un parrucchino nero sopra il floreale liberty. Per poi proporre una soluzione alla “volemose bene”: le scritte le veliamo, perché sono traccia di un passaggio storico.
Lorsignori permettano: anche le “ferite” inferte al palazzo dalle schegge delle bombe alleate segnano un passaggio della Storia, tanto da indurre il ministro Musumeci a scrivere il libro “Sicilia bombardata”. Allora, quelle “ferite” siano lasciate in evidenza.
E magari le affianchiamo a una bella tabella “turistica” (ma che didatticamente dovrebbe valere soprattutto per i messinesi immemori e “masochisti”) in cui si spiega quante ne ha viste quel palazzo insieme a tutta la città. Questa proposta la faccio anche per togliere un po’ di “velatura” dagli sguardi dei nostri concittadini.
Per la verità, non di tutti. Fra le tante lettere che sono arrivate al nostro giornale ci sono quelle dei due architetti Sergio Bertolami e Luciano Marabello. “La velatura – dice il primo - non farà sparire la scritta, ma ne attenuerà soltanto l’impatto”. Se proprio si vogliono mantenere le scritte, si potrebbero apporre due placche di copertura rimovibili e adeguate ai finti conci decorativi della facciata. Quando lo studioso del futuro vorrà vederle – visto che in città non c’è nient’altro che segni il ventennio fascista… – rimuove le placche, fa la riproduzione di questa fonte veramente “unica” per la storia messinese, e poi le riposiziona.
Più deciso è l’architetto Marabello: “la soluzione della Soprintendenza– quella della “velatura” - è compromissoria”. D’altra parte quel palazzo non ha nessun vincolo da parte della stessa Soprintendenza, quindi la scelta di lasciare quelle scritte è dei progettisti e dei restauratori. Evidentemente hanno pensato di rifare il “tatuaggio” del palazzo.
Per carità, non cancellate le scritte “oh il bel muro nuovo” o “viva il cioccio”: segnano il passaggio storico dei grafitari e degli street artists a cavallo fra XX e XXI secolo…!