Cattive vibrazioni
di Franco Beradi Bifo -
Negli innumerevoli editoriali che ha pubblicato negli ultimi due anni, Paul Krugman ha ripetuto mille volte lo stesso ritornello: l’economia statunitense va a pieno ritmo, la disoccupazione è ai minimi storici, tutto va bene, gli statunitensi vivono nel miglior mondo possibile. Allora come mai non vogliono votare per Biden, il buon presidente che ha reso possibile questo miracolo? Alcuni giorni fa, sul New York Times, Krugman ha insistito con un articolo intitolato Americans are still having a delusional vibe-cession. Non c’è nessuna recessione economica, dice Krugman, c’è solo una cattiva vibrazione che fa credere agli statunitensi che l’economia va male. Quando interrogati, dice Krugman, non dicono che se la passano male. Al contrario, un sondaggio dopo l’altro rivela che la maggior parte degli elettori dà un giudizio positivo riguardo alla propria situazione finanziaria personale, eppure in maggioranza insistono sul fatto che l’economia nel complesso è pessima. Ma cosa c’è che non va? Perché siete tristi se gli affari vanno così bene? E perché volete votare per il cattivo, e non per il buon benefattore Joe Biden?
Io non sono particolarmente dotato nelle scienze economiche, quindi la mia opinione non è importante su questi argomenti. Tuttavia ammetto che su un punto Krugman ha ragione: l’economia statunitense sta approfittando della guerra ucraina e di altre simili catastrofi umane. I poveri tedeschi hanno rinunciato a un buon affare chiamato NorthStream2 e ora pagano gas e benzina più del doppio ai loro alleati e padroni statunitensi. Eppure gli statunitensi sono infelici e Krugman non riesce a capirne il motivo. Allora provo a spiegare qualcosa cui la sua mente di premio Nobel sembra incapace di arrivare.
Il determinismo economico è una visione povera del materialismo. È infatti sciocco credere che tutte le nostre scelte siano basate sul benessere economico, quando la materia di cui siamo composti è molto più complicata. “It’s the economy stupid” è un tormentone che avrebbe dovuto spiegare le scelte politiche dell’elettorato Usa nella felice epoca di Bill Clinton. Apparentemente una frase materialistica. In realtà una versione deterministica del materialismo che va bene solo per i sempliciotti americani. Paul Krugman non vuole credere che (anche) gli americani abbiano un’anima. Non sono diventato spiritualista, ma penso che l’anima sia una cosa molto materialista. Non c’è niente che ci faccia bene e che ci faccia male come l’anima, neppure lo stomaco, che pure vale la pena di considerare.
L’anima statunitense è sopraffatta dall’odio, dall’umiliazione e dal disprezzo di sé, ed è facile capire il perché. La storia del loro paese è una storia di violenza e di pessimo karma. Le loro periferie sono ammassi di brutture soffocanti. I loro villaggi agrari sono cimiteri. Le loro case tombe di marmo e di legno. Il loro ambiente è pieno di armi, omicidi e Fentanyl. Per quanto gli americani non siano coscienti di ciò che hanno fatto al pianeta, al genere umano e ai loro stessi propri figli, perché la coscienza non è il loro forte, però anche gli americani hanno un inconscio, un subconscio insomma chiamatelo un po’ come vi pare: una dimensione nascosta, piena di ricordi, di speranze, di sogni di demoni e di orrori. Per lo più demoni, per lo più orrori. Per questo, pur potendo mediamente (mediamente, attenzione, perché molti sono poverissimi) consumare quattro volte di più dell’abitante medio del pianeta, gli americani hanno delle cattive vibrazioni. Poverini, gli duole l’anima, che cosa ci vuoi fare. E questo per Krugman è incomprensibile (infatti anche lui è americano).
Da qualche parte nella loro anima gli statunitensi avvertono che gli esseri umani li disprezzano e li imitano al tempo stesso. Ecco perché voteranno per l’individuo più ignorante, arrogante, brutale e disgustoso di tutti i tempi. Perché questo è ciò che meritano, caro Krugman. Perché lo stronzo arancione è la migliore rappresentazione del popolo statunitensi, della storia americana, e quindi del futuro americano.
Vibe-cession è un interessante neologismo che nell’idioletto di Krugman significa più o meno: allucinazione di una recessione inesistente. Ma la percezione del dolore non è un’allucinazione: è dolore. Il dolore infatti è una questione di percezioni, non di statistiche. Quindi la domanda è: perché gli americani soffrono, perché provano dolore, anche se possono consumare più petrolio, più bistecche, più hamburger, più SUV, più Fentanyl, più merda distruttiva per l’ambiente rispetto agli altri abitanti del pianeta Terra? Una bella domanda, caro Krugman, ma gli occhiali economici impediscono di vedere la realtà. La vibrazione recessiva è qui per restare e sta guadagnando terreno ovunque nel mondo: è la patologia numero uno.
Piccola nota finale: nel 1989 Felix Guattari scrisse qualche parole su quello che è oggi l’ex presidente (e forse il prossimo) degli Stati Uniti, ragionando sulla televisione nella formazione della soggettività. Trentacinque anni più tardi la televisione è stata sostituita dalla rete digitale. La mutazione si è diffusa dovunque, alghe tossiche sono proliferate lungo le linee di interazione sociale, fino al punto di soffocare ogni spazio di vita, di linguaggio e di speranza. “Così come alghe mostruose e mutanti invadono la laguna di Venezia, così gli schermi televisivi sono popolati, saturati da immagini e parole ‘degenerate’…” (Felix Guattari, Three ecologies, 1989, p.29).